venerdì 13 febbraio 2009

SCHELETRINI, SCHELETRI E SCHEL ETRONI !

Riporto questo articolo del TEMPO.IT a cura di
Francesco Damato di oggi Venerdi 13 di Febbaraio : (mettendo
in grassetto alcuni concetti ed idee)
Quella manifestazione, indetta per martedì, sospesa per la
tragica conclusione della vicenda di Eluana Englaro, sulla quale si era
consumato un contrasto tra i presidenti della Repubblica e del Consiglio, si è
svolta ieri per l'ostinazione del segretario del Pd. Che ha accolto a modo suo,
cioè inseguendo Di Pietro sulla strada dell'antiberlusconismo, l'appello ad una
«riflessione comune» appena lanciato da Napolitano.
Se Scalfaro, presidente della Repubblica dal 1992 al 1999, è il medaglione che Veltroni ha deciso di portare al
collo
come esempio per tutti, è opportuno ricordarne l'esperienza
vissuta al Quirinale. Giudicheranno i lettori se è stata appropriata la scelta di Veltroni, peraltro proveniente da un partito — il Pci — che non ha mostrato sempre il rispetto
sacrale
per il Capo dello Stato che viene oggi reclamato. Negli anni
Sessanta il povero Segni fu trattato dalla propaganda comunista come un aspirante
golpista
per avere chiesto,durante una difficile crisi di
governo,garanzie d'ordine pubblico all'allora comandante generale dell'Arma dei
Carabinieri. A cavallo fra gli anni Sessanta e Settanta, al povero Saragat fu contestato di condividere le denunce
politiche degli «opposti estremismi
», che avevano il torto di mettere
sullo stesso piano i pericoli provenienti dai malintenzionati di destra e di
sinistra. Nel 1978 il povero Leone fu costretto a
dimettersi
perché accusato di corruzione con una
campagna giornalistica poi smentita dai tribunali, in realtà
per avere osato dissentire durante il sequestro di Moro dalla
cosiddetta linea della fermezza. A cavallo fra gli anni Ottanta
e Novanta, contro il povero Cossiga fu tentato più volte,
sempre dal Pci, il processo per alto
tradimento
davanti alla Corte Costituzionale.

Ma torniamo a Scalfaro. Al suo esordio presidenziale egli estese le
consultazioni di rito al capo della Procura di Milano prima di rifiutare
l'incarico di presidente del Consiglio a Craxi, designatogli dai partiti della
maggioranza. Dopo qualche mese i giornali parlarono, non smentiti, di una sua
minacciosa sfuriata contro la Camera, che aveva osato respingere la richiesta di
arresto di un ex ministro avanzata dalla magistratura per corruzione. Dopo il
referendum del 1993 contro il sistema elettorale proporzionale, i deputati
democristiani contrari alle norme in discussione a Montecitorio per il passaggio
al metodo maggioritario si sentirono dire dal loro capogruppo Bianco che le
Camere sarebbero state sciolte immediatamente dal Capo dello Stato se avessero
indugiato. Il Parlamento si affrettò ad approvare la nuova legge. Ma lo scioglimento anticipato, reclamato a gran voce dal
Pds-ex Pci guidato da Occhetto
, arrivò lo stesso. Fu
inutile il parere negativo espresso, nella consultazione che deve precedere
decisioni del genere, dall'allora presidente del Senato Spadolini, convinto che
il Parlamento eletto meno di due anni prima fosse ancora in grado di esprimere
una legittima maggioranza di governo. Si trattava, d'altronde, dello stesso Parlamento che aveva mandato Scalfaro al
Quirinale.
Alcuni mesi prima di quello scioglimento anticipato si
era consumato il dramma politico del primo governo Amato. Che aveva concordato
riservatamente con Scalfaro alcuni decreti legge per la cosiddetta uscita
politica da Tangentopoli, ma se li era visti respingere alcune ore dopo le
minacciose e pubbliche proteste della solita Procura di Milano. Dalle elezioni anticipate del 1994 uscì un risultato
imprevisto
da chi le aveva sollecitate e volute: la vittoria
di
Berlusconi, alleato al Nord con Bossi e al
centro-sud con Fini. Si levarono appelli al Quirinale perché l'alieno
non ricevesse l'incarico
di presidente del Consiglio. Scalfaro se la cavò conferendoglielo insieme con una lettera di sostanziale indirizzo politico. Non si era mai vista
prima una cosa del genere. E non appena la coalizione di governo cominciò a
scricchiolare, tra l'insofferenza di Bossi e le inchieste giudiziarie, il capo
dello Stato non se ne stette neutrale. Lo stesso Bossi raccontò poi del calore
con il quale veniva accolto al Quirinale mentre rompeva con Berlusconi. Al quale
furono negate, dopo l'apertura della crisi, le
elezioni
alla data ravvicinata ch'egli reclamava. Esse furono indette dopo più di un anno, quando gli oppositori di
Berlusconi
— guarda caso — si erano ben preparati, con
la coalizione dell'Ulivo guidata da Prodi, a vincerle.
Appartiene alla vicenda presidenziale di Scalfaro anche un tentativo fallito di coinvolgerlo in una brutta vicenda giudiziaria di fondi
segreti
, passati per le sue mani negli anni Ottanta,
quando era stato ministro dell'Interno.
Gran bell'articolo, preciso e conciso, a cui manca solo aggiungere una sintetica biografia del ex presidente Oscar Luigi Scalfaro che ci permette di notare come "la genetica non sia acqua" nell'analogia di comportamento tra il suo antenato e lui per quanto riguarda l'aspetto umano della "riconoscenza" (in grassetto i due periodi).
OSCAR LUIGI SCALFARO nato a Novara il 9 Settembre del 1918 vivente.
Si laureò in Giurisprudenza nel 1941 all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano ed entrò in magistratura nel 1943, prestando giuramento fascista. ottenne di entrare nelle Corti D'Assise Straordinarie, istituite il 22 aprile per sei mesi su richiesta degli angloamericani per porre un freno ai processi sommari del dopoguerra, dei veri e propri linciaggi [1][2] Le Corti in realtà durarono non sei mesi, ma sino al 31 dicembre 1947, quando furono chiuse per essersi macchiate di palesi soprusi, negando le più elementari norme del diritto[5][6]. Lasciò la toga per la politica nel 1946: fu eletto a Torino, fra i più giovani nelle file della Democrazia Cristiana, all'Assemblea Costituente che doveva redigere una nuova Carta Costituzionale Oscar Luigi Scalfaro ebbe un vivace alterco con una giovane e bella signora, Edith Mingoni Toussan, da lui pubblicamente ripresa in quanto il suo abbigliamento, a parere dell'onorevole, era sconveniente (la signora mostrava le spalle nude). L'episodio terminò in questura e la giovane donna denunciò Scalfaro ed il collega per ingiurie (il processo non fu mai celebrato per sopravvenuta amnistia nel 1953). La vicenda tenne banco sui giornali e riviste italiane per lungo tempo: la stampa laica accusava Scalfaro di "moralismo" e "bigotteria", Coerente alla sua concezione anticomunista, all'inizio degli anni sessanta Scalfaro si oppose fermamente alla cosiddetta "apertura a sinistra" cioè all'ingresso del Partito Socialista Italiano, che egli considerava "il cavallo di Troia" del comunismo, Come esponente dell'ala destra della DC ricoprì comunque molte cariche di governo anche nei primi anni del centrosinistra ma nella seconda metà degli anni Settanta la sua figura nel quadro politico generale rimase un po’ in ombra, ed in quel periodo ebbe come unica carica istituzionale la vicepresidenza della Camera dei Deputati (da ottobre 1975), che mantenne per quasi otto anni. Nell'agosto 1983 fu chiamato da Craxi, non senza che ciò destasse un certo stupore nei commentatori politici di allora, a ricoprire una delle cariche più delicate ma prestigiose del governo: la titolarità del ministero dell'Interno, carica che mantenne ininterrottamente fino al luglio del 1987
Si è trattato di una delle presidenze più controverse della storia repubblicana: 1992 -1999 Accompagnò la riluttanza di
Craxi a dimettersi dalla segreteria del PSI con le sferzanti parole "chi ha salito le scale del potere deve saperle discendere con uguale dignità". Con il messaggio televisivo in cui pronunciò le celebri parole "Non ci sto",[10]accreditò la chiave di lettura dello scandalo SISDE - che coinvolse alcuni dipendenti dei servizi segreti civili che avevano operato anche sotto la sua gestione del Viminale - Lo snodo decisivo per tale spostamento fu la sfiducia individuale votata al ministro della giustizia Filippo Mancuso: questi, accusato di opporsi alla deriva giudizialista del centro-sinistra si difese in Senato con un feroce discorso in cui scelse come testa di moro proprio il Quirinale. Ripescando la vicenda SISDE, Mancuso affermò che Gaetano Gifuni avrebbe cercato di orientare la sua relazione nella precedente veste di presidente della commissione governativa di indagine: la relazione sarebbe dovuta cambiare, e l'affermazione della non illiceità della dazione mensile di danaro da parte del SISDE - a Scalfaro quando era ministro dell'interno
Nell'ultima parte del settennato gli attivisti giovanili di Alleanza nazionale contestarono il Capo dello Stato nei suoi viaggi nelle città italiane. Appena divenuto senatore a vita votò la fiducia al secondo governo D'Alema, cioè ad un presidente del consiglio da lui stesso nominato per il primo mandato (cosa che nel 1986 Pertini non aveva fatto, non partecipando alla votazione sulla fiducia al secondo governo Craxi). Durante la primavera del 2006 è stato Presidente del Comitato "Salviamo la Costituzione" e a capo del Comitato per il No al Referendum sulla Riforma Costituzionale, composto dai partiti del centrosinistra, dalle principali organizzazioni sindacali, dai Comitati Dossetti, dalle associazioni ASTRID, Libertà e Giustizia, ANPI, ACLI, Giovani per la Costituzione, Il 19 maggio 2006, come già aveva anticipato, ha votato la fiducia al governo Prodi II. Durante la XV legislatura ha votato più volte in favore del governo Prodi e della maggioranza di centro-sinistra, anche in occasioni determinanti e con voti di fiducia
Ascendenze [modifica]
Gli Scalfaro acquisirono un titolo baronale (che – come ogni altro titolo nobiliare – ha cessato d'aver rilevanza giuridica con l'avvento della Repubblica). Esso fu concesso da Gioacchino Murat all'antenato Luigi, colonnello calabrese dell'esercito napoletano. Luigi Scalfaro avrebbe in seguito presieduto il consiglio di guerra che nel 1815 condannò a morte lo stesso Murat.

Scheletrini, scheletri e schel etroni!




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